TUTTO QUELLO CHE TI FORTIFICA TI DISTRUGGE
La videoperformance Tutto quello che ti fortifica ti distrugge fa parte dell’ultima delle quattro sessioni della residenza d’artista (clicca qui) di Tiziana Cera Rosco all’Orto Botanico dell’università di Palermo (clicca qui). Una residenza annuale e pionieristica, voluta dal SiMua insieme all’artista, esperienza unica al mondo che ha visto Tiziana Cera Rosco costruire un Habitat proprio dentro questo Giardino Botanico, trasformando una rimessa degli attrezzi, in studio, casa e chiesetta rurale.
La quarta sessione riguarda il rapporto di coppia, incarnato da Ade (clicca qui) e Persefone (clicca qui), un legame che si tiene sull’unione della separatezza.
Nel video c’è una pietra d’oro che viene mangiata al cospetto di una grande testa, che altro non è che una forma cicatriziale di un albero coperto di spine e che appare come un grande volto risucchiato da un vuoto centrale che l’artista aveva trovato come primo reperto vegetale nell’Orto Botanico.
Ed è proprio sul vuoto e sulla pietra filosofale che questo lavoro conclude tutti e quattro i cicli della residenza d’artista che è partita dal fango per arrivare all’oro.
Nel video c’è una Persefone adulta passata per il sangue del dissenso, che ha capito la profonda origine di Ade, quella del vuoto di un luogo in cui non si può dimorare da cui si è circondati, ne ha sposato la ricchezza dall’abuso di forze necessarie ad un legame tanto compesso, alla metafisica di questo vuoto indialogabile e alla ricchezza materiale. Una Persefone che bacia con amore che riama quello che l’ha fortificata suo malgrado e contemporaneamente ha distrutto quello che era. E’ la celebrazione di un’unione che non si tiene solo sui sentimenti e il desiderio, ma sulla conoscenza della mancanza che è l’altro.
Il mangiare la pietra d’oro è un atto opposto dal video che precede questa sessione, dove Persefone si ingozzava col melograno (clicca qui). Qui mangia esattamente quello di cui Ade è fatto.
E’ la capacita trasformativa del vuoto che qui viene messa in risalto. Nel lavoro sull’ultima sessione -che si intitola Il dio è il luogo (clicca qui) quasi a prendere coscienza che da quel legame si è circondati e non si può uscire-, l’artista presenta un lavoro sul cervello la cui parte centrale è vuota e ha una forma di farfalla, quindi di trasformazione. E tutto questo rappresenta la pietra filosofale del lavoro e dell’ambigua ma totale accettazione di tutto quello che dell’altro si comprende.